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Piatto rinascimentale italiano, bottega Patanazzi Urbino, fine del XVI secolo
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Piastra Acquareccia
Laboratorio Patanazzi
Urbino, ultimo quarto del XVI secolo
Misura diametro 17,12 pollici; diametro del piede 11,53 pollici; altezza 1,88 pollici (43,5 cm; 29,3 cm; 4,8 cm).
Peso
Stato di conservazione: usura e alcuni piccoli distacchi minimi di smalto, scheggiature sulle aree in rilievo, distacco di smalto sulla tesa del retro.
Questa vasca ampia e poco profonda è dotata di un pozzo largo e convesso. È umbonato con un centro sagomato. La tesa, corta e piatta, è racchiusa in un doppio bordo arrotondato e appena rialzato. Il bacino ha una base piatta senza bordi; ha un centro leggermente concavo in corrispondenza del pozzo.
La forma si ispira ai bacini associati ai versatori ad anfora in metallo forgiato che tradizionalmente adornavano la credenza. Fin dal Medioevo venivano utilizzate per lavarsi le mani durante i banchetti. Due o tre persone si lavavano le mani nella stessa bacinella ed era considerato un onore lavarsi le mani con una persona illustre.
La decorazione è disposta in bande concentriche con, al centro dell'umbone, uno scudo non identificato su sfondo blu: un ovale fasciato d'oro con una testa blu, una stella d'oro e un campo con una brocca ardente.
Anelli di baccelli finti separano il centro da una serie di motivi grotteschi di piccoli uccelli e maschere. Questi girano intorno al bacino e sono, infatti, fedelmente ripetuti sull'orlo. La decorazione principale si sviluppa all'interno della balza del bacino, che vede alternarsi figure simmetriche di arpie alate e chimere. L'ornamento, delineato in arancione, verde e blu, spicca sullo sfondo bianco smaltato.
Questo stile decorativo, definito fin dal Rinascimento "grottesche" o "raffaellesche", si riferisce alle decorazioni introdotte dopo la scoperta dei dipinti della Domus Aurea verso la fine del XV secolo. La scoperta del palazzo di Nerone, sepolto all'interno di Colle Oppio dalla damnatio memoriae, avvenne per caso quando un giovane romano, nel 1480, cadde in una grande crepa che si era aperta nel terreno della collina, ritrovandosi così in una grotta con le pareti ricoperte di figure dipinte.
I grandi artisti presenti nella città papale, tra cui Pinturicchio, Ghirlandaio, Raffaello, visitarono immediatamente queste grotte. Le decorazioni che vi si trovano divennero presto un soggetto decorativo di immenso successo: il termine grottesco, con il significato di "insolito", "caricaturale" o "mostruoso", fu poi commentato da Vasari nel 1550 come "una spezie di pittura licenziose e ridicole molto".
Le decorazioni "a grottesche" circolavano ampiamente anche nelle fabbriche di ceramica, attraverso l'uso di incisioni, variamente interpretate a seconda della creatività degli artisti o delle richieste del cliente.
Il nostro bacino trova riscontro in manufatti simili prodotti alla fine del XVI secolo dalle fabbriche del distretto di Urbino. Vedi la serie di bacini conservati nei principali musei francesi, tra i quali il più simile per morfologia è quello della collezione Campana del Louvre (Inv. OA1496); questo però presenta una decorazione a figure più complessa, mentre la decorazione del nostro esemplare è sobria e in stile acquerello.
Lo stile, sicuro nella sua esecuzione, si avvicina a risultati decorativi ancora vicini alle opere prodotte intorno alla metà del XVI secolo dalla bottega dei Fontana. La decorazione è strettamente legata al loro gusto, che in seguito troverà il suo naturale sbocco, attraverso il lavoro di Antonio, sempre nella bottega Patanazzi. Gli studi dimostrano la contiguità tra le due botteghe grazie alla parentela e alla collaborazione tra i maestri Orazio Fontana e Antonio Patanazzi, entrambi formatisi nella bottega di Guido Fontana il Durantino. È quindi quasi naturale che le loro opere, spesso realizzate secondo tipologie simili e sotto l'egida delle stesse commissioni, non siano sempre facilmente distinguibili, tanto che la presenza di opere istoriate o "grottesche" di Orazio è documentata e conservata nel laboratorio di Antonio Patanazzi. Dato che gli studi hanno sempre sottolineato la collaborazione tra più mani nell'ambito delle botteghe, è noto che le opere "grottesche" più antiche finora conosciute possono essere datate al 1560, quando la bottega Fontana creò il cosiddetto Servizio Spagnolo e come, da quel momento in poi, questo ornamento divenne uno dei più richiesti dai clienti di alto rango. Ricordiamo le opere realizzate per i Granduchi di Toscana, quando Flaminio Fontana insieme allo zio Orazio forniva ceramiche a Firenze, e, in seguito, altre commissioni di notevole importanza: quelle per il servizio dei Duchi d'Este o per la Farmacia Messina di Roccavaldina, associata alla bottega dei Patanazzi quando, ormai dopo il 1580, Antonio Patanazzi iniziò a firmare le proprie opere.
Così, nel nostro bacino, la presenza di maschere appese a ghirlande, tema di più antica memoria, si associa nell'opera a motivi stilistici più avanzati, come il tratteggio delle chimere e delle arpie. Qui si trovano le ali dipinte in due modi ornamentali. Inoltre, il tema degli uccelli sul bordo completa la decorazione lungo la tesa sottile e può essere visto come rappresentante di uno stile precoce tipico del distretto di Urbino durante un periodo di attività e collaborazione tra le due botteghe. Successivamente, una scelta decorativa più "bamboleggiante", tipica della fine del secolo e dell'inizio del Seicento, caratterizzò il periodo della bottega Patanazzi sotto la direzione di Francesco.
Bibliografia:
Philippe Morel, Il funzionamento simbolico e la critica delle grottesche nella seconda metà del Cinquecento, in: Marcello Fagiolo, (a cura di), Roma e l'antico nell'arte e nella cultura del Cinquecento, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1985, pagg. 149 -178.
Marco Spallanzani, Maioliche di Urbino nelle collezioni di Cosimo I, del cardinale Ferdinando e di Francesco I de' Medici, "Faenza" 1979, IV, pp.115-116.
Franco Negroni, Una famiglia di ceramisti Urbinati: i Patanazzi, "Faenza", LXXXIV, 1998, 1-3, p. 104-115.
Carola Fiocco - Gherardi Gabriella, I Patanazzi: alla ricerca di Antonio; la scodella del Maldonado, in "Faenza", bollettino del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza, XCV, 2009, 1-6, p. 64.
- Attribuito a:Patanazzi Workshop (Fabbricante)
- Dimensioni:Altezza: 4,8 cm (1,89 in)Diametro: 43,5 cm (17,13 in)
- Stile:Rinascimento (Del periodo)
- Materiali e tecniche:Maiolica,Smaltato
- Luogo di origine:
- Periodo:
- Data di produzione:Circa 1580-1590
- Condizioni:Lievi mancanze. Usura e alcuni piccoli distacchi minimi di smalto, scheggiature sulle aree in rilievo, distacco di smalto sulla tesa sul retro.
- Località del venditore:Milano, IT
- Numero di riferimento:1stDibs: LU4352231035512
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